E’ tanto che non scrivo. Ci ho pensato. Ho pensato a scrivere ma poi mi sono accorta che non avevo le idee sufficientemente chiare. E’ dovuto passare del tempo, un bel viaggio fatto in famiglia. Ci sono state cene e pranzi con gli amici, annaffiare l’orto, pulire il terrazzo, trapiantare fiori…
Come in una di quelle sfere di vetro che se giri viene giù la neve. Serve tempo perché tutti quei pezzettini bianchi si ridepositino sul fondo e sembrino scomparsi.
Ho rivisto Paco. Credo che sia stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita. E’ un bel bimbo, sempre biondissimo, sempre simpaticissimo. L’ultima volta che lo avevamo incontrato parlava appena e non mi dava il permesso di stargli troppo vicino pur chiamandomi ancora mamma. Per lui era troppo. Troppo stretto il mio abbraccio, troppo caldi i miei baci. Era stato un incontro intenso ma a distanza. Voleva che mi fosse chiaro che per lui non era facile. Che non potevamo far finta di niente.
Questa volta, dopo due anni dall’ultimo incontro, era emozionatissimo nel vederci e si è lasciato baciare. Gli ho chiesto il permesso e lui, abbassando gli occhi in un momento di timida emozione, ha detto subito di sì.
E poi abbiamo giocato. Tanto. Abbiamo dato le noci agli scoiattoli, il riso alle anatre e poi giocato ancora assecondando la sua fervida immaginazione e la sua fantasia.
Ha evitato accuratamente di chiamarci. Non per caso. E’ tutto ancora lì, non si è perso nulla di quello che c’è stato ma non siamo più mamma e papà. Diventeremo qualcosa di diverso che ancora, per lui, non ha un nome.
La neve però, anche per Paco, si sta lentamente depositando sul fondo della sfera e il paesaggio sta tornando ad essere nitido. Ci vuole tempo.