l’immobilità dell’amare

Sono appena rientrata dal primo round di vacanze. Tanto mare, tanto sole, la Donzella e due amiche con noi.

Amo il mare. Amo starci dentro, galleggiare a pelo d’acqua fino a che le mie orecchie si riempiono e mi sento avvolta dal silenzio. E’ uno dei pochi momenti, dei pochi luoghi in cui mi sento in pace.

I pensieri non si fermano ma rallentano e provo, galleggiando, a immaginare il futuro.

Sto riflettendo su come mi figuro il prossimo affido e soprattutto su quando mi sentirò pronta a ricominciare tutto da capo. A rinunciare, di nuovo, a me.

Non è semplice. Più passano gli anni e più sento il bisogno impellente di ascoltare anche me. Perché non sono solo tutto quell’accudire, tutto quel fare e tutto quel modo di amare.

E in questo momento sto bene. Per qualche ingiustificato ma radicatissimo motivo quando penso solo a me e sto bene mi sento in colpa. Lotto coi sensi di colpa da quando ho memoria ma spesso, con l’esperienza, adesso vinco io.

Se guardo ad un futuro non troppo lontano, mi rivedo dentro a un nuovo progetto di affido ma, forse per al prima volta, non ho fretta.

Ho bisogno di stare immobile ancora per un po’. Sento l’esigenza di sistemare tutti i pezzi di cuore e vita che ho sparso per il mondo. Di respirare la malinconia, di mangiare quando ho fame, di dormire quando ho sonno.

Di assaporare come quest’ultima esperienza mi ha trasformato. Ci vuole tempo e mare e sole e tutta l’immobilità dell’amare.