Non ho ancora avuto la soddisfazione di piangere. Che detto così, magari, mi fa pure sembrare quantomeno strana. Di solito il pianto, quello vero con i singhiozzi, si impossessa di me nel momento in cui smonto il lettino. Il lettino mi ha sempre fatto questo effetto. Non il seggiolone, la vasca da bagno, il passeggino, i giochi… no, solo il lettino. Quello è il punto di non ritorno.
Stavolta niente. Sono un po’ preoccupata.
E’ che la Puccia mi manca un sacco e mi commuovo a riguardare le foto, ma non vorrei riaverla qui. Faccio fatica pure io a capirla ‘sta cosa. Mi dico che è perché so bene dove sta e con chi sta, e il mio cuore mi dice che è proprio dove doveva tornare. Un po’ come quando liberi in mare una tartaruga (ebbene sì, l’ho fatto) che hai raccolto debole e ferita e l’hai accudita aspettando solo il momento di poterla rimettere in mare e vederla andare via. Ma non credo di essere diventata così saggia e matura. Oppure sto semplicemente diventando arida e insensibile, ma questa opzione non la voglio neppure considerare. Fatto sta che non ho ancora pianto.
Domenica andremo a trovarla per la prima volta e non vedo l’ora. Che invece di solito non ne ho mai voglia. Il primo incontro dopo il saluto è sempre un po’ come aprire il vaso di Pandora: il vortice di emozioni ti risucchia e non sai mai come ne esci. Sono curiosa di vedere cosa proverò a vederla lì, nella sua vita, e come starò dopo.
Spero tanto di piangere.