quando la luna di miele finisce

Ieri sono stata a un corso di formazione tenuto da un pedagogista che amo molto per la sua chiarezza e per gli spunti di riflessione che, ad ogni incontro, ci regala.

Ad un certo punto ha detto una frase che mi ha colpito. Non ricordo le esatte parole ma suonava più o meno così:  E’ quando finisce la luna di miele e ti alzi la mattina che ne hai le scatole piene, dopo un paio di mesi in cui ti sei sentito un supereroe, che inizia davvero l’affido.

Il discorso ampio che ne è seguito si è incentrato sul fatto che i bambini affidati traggono il meglio da noi quando siamo veri, noi stessi, con difetti ed errori che nella vita quotidiana non ci preoccupiamo di nascondere.

Ma quello che io ho sentito forte è stata l’autorizzazione ad averne piene le scatole. Quindi non sono l’unica a chiedersi mille volte: “Ma chi me lo ha fatto fare?”

Tutti i bambini ti stravolgono la vita. Tutti i bambini, se crescono con te, ti costringono a compromessi tra quello che vorresti fare e quello che realmente puoi fare.

Ma questi bambini di più. Non solo per il loro vissuto, per le fatiche che si portano dentro e ti tirano fuori, ma anche e soprattutto perché li hai profondamente scelti, e ora in qualche modo devi dare loro il massimo che hai da offrire.

Quando decidi di avere un figlio, non fai un percorso con psicologi e assistenti sociali che ti chiedono, in numerosi incontri, ripetutamente: “Ma sei sicuro?”, “Lo vuoi davvero fare?”, “Perché lo vuoi fare?”.  Forse sarebbe un bene che  prima di diventare genitori si facesse un percorso del genere. A me sarebbe servito, a suo tempo.

E quindi non ci si può stupire se il nostro io e quello che vorrebbe passa in secondo piano, durante l’affido. Non che questo, ogni tanto, non mi crei frustrazione, ma è stata una mia scelta.

Ho un amico, un caro amico, che quando è arrivata la prima bimba in affido mi ha dato segnali di grande stima per quello che stavo facendo. Affido dopo affido, la stima (che sono certa ci sia ancora) non viene più espressa e in compenso, ora, ogni volta che un bimbo trova la sua strada, mi chiede perentorio: “Non ne farai mica un altro? Che poi sparisci”.

Personalmente, è durante quella sparizione dalla vita precedente che pongo le basi per la vita successiva. E a volte nella vita successiva le persone che ho attorno sono diverse da quelle di prima (ma il mio amico lo ritrovo sempre). E’ in queste pause che sento di crescere, di diventare più forte e consapevole e di fare davvero qualcosa che può cambiare il mondo in meglio.

Perché se si vuole cambiare il mondo, quale modo migliore se non aiutare un bambino a crescere?

un lunedì elevato alla quinta

Sono mesi che non dormo abbastanza. Qualche giorno il torpore che mi lasciano le nottate complicate non si attenua, qualche volta invece, con l’andare delle ore il cervello diventa un po’ più lucido. Direi che per me è questa la parte più difficile dell’affido: la privazione del sonno. E’ anche il motivo che mi fa apprezzare il fatto che prima o poi un affido (salvo complicazioni varie) finisca. Oggi è uno di quei giorni. Un lunedì elevato alla quinta. Io e Re di Triglie facciamo a turno a gestire i risvegli notturni dei pulcini ma a volte, i risvegli restano comunque troppi anche se equamente divisi a metà. La sensazione è quella di vivere una vita sospesa mentre si ha un bimbo in famiglia. Sospesa tra il prima e il dopo, sia nel bene che nel male. Una bolla in cui non si progettano viaggi, non si esce a cena con gli amici, si sta tanto tempo a casa, in famiglia e si apprezza anche solo riuscire a leggere un articolo di giornale. Un tempo sospeso in cui, spesso, si dorme davvero troppo poco. E oggi vedo la fatica, il lavoro che resta un po’ indietro, i mille ragionamenti su strategie nuove da provare per vedere di migliorare la situazione. Ma questi bimbi hanno vissuti difficili e spesso le loro angosce si amplificano nel sonno notturno. E mentre hai la testa che ciondola e fai fatica a tenere gli occhi aperti loro sono lì, tra le tue braccia e con le loro manine cercano di restarti ancorati per paura di perdersi una volta riaddormentati, di andare alla deriva, e si crogiolano in tutto quell’amore che di notte si fa più denso. E’ anche la parte che amo di più, questa fatica. La notte in cui tutto si ferma, la casa è silenziosa e loro riescono ad esternare le loro paure che tu sei lì a raccogliere e rendere un po’ meno angoscianti, un poco più lontane. E poi sorge il sole, tutto ricomincia con il primo caffè della mattina. E mi piace pensare che tutto questo sonno, tutto questo sentirsi stropicciati e poco lucidi sia il bagaglio che ci portiamo dietro lungo questa strada che percorriamo insieme. E dentro a questo bagaglio c’è tutta l’essenza di questo temporaneo “noi”.