Polpetta

Di Polpetta parlo poco. Lo so. Eppure un angolo del mio cuore e dei miei pensieri è sempre per lei. E’ stata la prima, la porta di ingresso di questo mondo meraviglioso e ricco chiamato accoglienza familiare.

Dopo un affido lungo e faticoso con parecchi colpi di scena, Polpetta è stata adottata. E la mia gioia per questa decisione del Tribunale è stata quasi incontenibile. Ne avevamo passate così tante nei mesi trascorsi insieme: mi immaginavo che avrei potuto vederla crescere, festeggiare insieme i suoi compleanni e continuare a far parte della sua vita e lei della nostra.

Le cose, come ho più volte detto, non vanno sempre come vorremmo. Già dopo il primo incontro dopo la conclusione dell’affido, le cose hanno preso una piega diversa, per me erroneamente, ingenuamente inaspettata. Dopo poco non ci siamo più incontrate.

Ogni tanto, se chiedo, ho qualche notizia. So che Polpetta sta crescendo bene e voglio immaginarmela serena nella sua nuova famiglia.

Sono stata, però, molto male. Mi sono interrogata per anni sul perché, su cosa potessi aver sbagliato. Alla fine mi sono perdonata: non credo di aver davvero sbagliato qualche cosa. Forse altre fragilità e non le mie hanno influenzato la scelta dei nuovi genitori.

Le famiglie affidatarie non hanno voce in capitolo, lo sappiamo fin dall’inizio. Per una persona come me, abituata nella vita privata e nel lavoro a prendere decisioni, è il compito più difficile: accettare senza discutere, senza appello.

Non ho pensato neanche per un secondo di smettere di accogliere ma mi sono fatta una promessa: rimanere con i piedi per terra e pur sognando la situazione migliore, prepararmi alla peggiore.

Ho fatto tanta strada da allora e sono più solida.

Ho imparato a consolarmi e a cercare il bello anche dove si fa fatica a vederlo.

Ora, anche io, sto bene.

ci siamo

Ormai ci siamo. Sono giorni che ci prepariamo a questo ultimo giorno. Che poi, pronti per davvero, non lo si è mai.

Stamattina parlavo con Donzella a colazione. Sì lo so, parlavo io perché lei in realtà mugola e ruggisce la mattina ma oggi un paio di cose le ha bofonchiate.

Le ho chiesto se è pronta al fatto che domattina la Puccia se ne vada. E subito dopo mi sono detta che era una domanda stupida visto che neanche io lo sono.

Ma forse se lei mi avesse risposto di sì mi avrebbe tolto un peso dallo stomaco.

Invece lei mia detto:”No e preferisco non pensarci adesso. Lo farò, poco alla volta, ma dopo”.

Faccio anche io così. Rimarrò concentrata su di lei, sulla sua assenza e su me con le braccia vuote senza di lei solo fino a che non farà male. Quando il male diventerà troppo, mi distrarrò.

E’ il mio modo di sopravvivere alle separazioni ed evidentemente anche quello di Donzella.

A noi, va bene così.