Tutti i bimbi che hanno allargato per un periodo la nostra famiglia, hanno avuto un soprannome con la P. Non tutti i soprannomi li abbiamo scelti noi. A volte sono semplicemente arrivati, un regalo di qualche amico che frequenta la nostra casa. Abbiamo così avuto per le mani una Polpetta, una Piculitza, un Pigolo, un Paco e, ora, una Puccia, anzi, una Puccia Rotolina.
Ognuno di loro ha lasciato qualcosa. E’ bello riportare alla memoria alcuni atteggiamenti, abitudini, parole che hanno caratterizzato quei periodi, più o meno brevi. Perché a volte ci si scorda. Per esempio l’altra sera parlavamo con Re di Triglie di quando Paco lo andava a svegliare. Era così buffo vederlo correre verso il comodino, afferrare cellulare e occhiali, metterglieli sul cuscino e arrampicarsi sul letto per riempirlo di baci. Re di Triglie ha un risveglio che definire lento è riduttivo. Il suo tempo di risveglio ha a che fare con le ere geologiche e le rocce sedimentarie ma Paco non ha mai smesso di credere in una sua risposta immediata. La perseveranza di Paco è davvero ammirevole. Quella che più spesso rientra nei nostri racconti e ricordi è la Piculitza. E’ stato il nostro affido più breve e la bimba più grande: 5 giorni e 5 anni e mezzo di argento vivo. La Piculitza ci ha insegnato tante parole in una lingua a noi sconosciuta e ne ha imparate tantissime in italiano. Ci ha mostrato quanto può essere difficile affrontare una separazione di cui non si conoscono le cause e di come fa paura trovarsi tra persone sconosciute. Ma anche come poi sia possibile affidarsi, trovare un proprio spazio e cogliere gli aspetti positivi che ogni situazione, anche la più complessa e spaventosa, nasconde. E’ stato un weekend intenso in cui ho amato anche fare shopping (udite udite) perché un paio di scarpe nuove, rosse, mi ha regalato il sorriso più bello che avessi mai visto.