quando il vuoto diventa spazio

Che poi l’affido è uno stile di vita, mica un’esperienza che si fa e poi si può decidere lucidamente e razionalmente se rifarne un’altra o meno.

Questo è un concetto difficile da capire per chi non ha mai vissuto una storia di affido. I bambini che arrivano in famiglia, fanno un pezzo di vita con te e quando vanno via ti lasciano un bagaglio di emozioni, ricordi, sogni, idee, pensieri che non arrivano mai a una conclusione vera.

E quindi, dopo tutto il tempo che serve alla famiglia a fisarmonica per tornare a contrarsi e stare bene nel “solito” equilibrio, si riparte, verso una nuova avventura.

E si riparte più emozionati e convinti di prima perché i bambini che hanno bisogno sono tanti e questa realtà non può più essere ignorata.

Ormai lo si sa che si può fare, si sa che ne vale la pena, si sa che si sta male ma un male bello in cui ci sono comunque aspetti positivi.

Lo spazio per quella disponibilità è lì, quasi tangibile, nel tuo cuore, nella tua anima e nella tua casa.

Il vuoto lasciato dal bimbo che hai accompagnato per un pezzo di strada diventa uno spazio. Uno spazio che può di nuovo essere riempito.

Ed è un attimo. “Vi chiameremo noi”.

Whooho!

Quando si dà la disponibilità per accogliere un bimbo in pronta emergenza, non è che ci sia tanto tempo per prepararsi. A meno che, il bimbo in questione, non sia ancora nato.

E’ stato così che mentre eravamo in vacanza, è arrivata la chiamata tanto attesa  e temuta. Una mamma in difficoltà avrebbe partorito un bimbo di lì a una ventina di giorni. Ce la sentivamo di prenderlo con noi?

La nostra giornata è passata a fantasticare su come sarebbe stato questo Agostino (lo abbiamo soprannominato così essendo agosto… ecco, noi in famiglia diamo un nome a tutto, pure all’aspirapolvere…), Agostino che poi,da noi, non è mai arrivato.

Tante volte i bambini non arrivano davvero. Spesso perché le mamme decidono di cogliere l’opportunità di entrare in comunità insieme al figliolo e si evita quindi l’allontanamento del minore. E’ andata così ad Agostino, di cui più nulla abbiamo saputo, ma che speriamo felice da qualche parte con la sua mamma.

Prima che un bimbo arrivasse davvero in casa nostra sono passati altri due mesi e un altro falso allarme. Ma quando poi è arrivata Lei… Whooho!.

Abbiamo capito immediatamente che davvero stavamo facendo la cosa giusta. Ed è stato subito amore.

vi chiameremo noi

Ecco. Fatto. A questo punto abbiamo dato la nostra disponibilità per accogliere un bambino piccolo, molto piccolo. Ci salutiamo e ci dicono: “Vi chiameremo noi”. Facile no? Ora non ci resta che aspettare tornando alla nostra vita di sempre. Falso. La vita di sempre non esiste più. Nella vita di sempre nessuno scattava allo squillo di un telefono, a nessuno balzava il cuore in gola per poi tornarsene al suo posto quando sul display appariva un normale e solito contatto. E’ che quando sai che la tua vita cambierà dopo che “Vi chiameremo noi”… quel momento non arriva mai.

Ho fatto le cose più strane. Compreso andare a sbirciare se ci fossero stati tagli al bilancio per i progetti sociali, persino leggere tutto il pubblicato su possibili cambiamenti su interventi di affidamento familiare.

Perché l’attesa è un po’ così, vive di contrasti. Da un lato non vedi l’ora che ti chiamino perché vuoi vivere un’esperienza totalizzante, emotivamente pazzesca e conoscere il bimbo che per un periodo riempirà la tua casa e la tua vita, dall’altro speri nessuno ti chiami mai perché quando un bambino arriva significa che una mamma o una famiglia sono talmente in difficoltà da  non riuscire più a tenerlo al sicuro.

Ci si sente un po’ buone e un po’ cattive ad essere mamme affidatarie.

Oggetto: Richiesta di informazioni

Poteva essere maggio? Di sicuro era un pomeriggio di noiosa attesa. Solita palestra, solite mamme e nonne che aspettano figli e nipoti, parlando di nulla. La classica situazione da cui, se posso, mi defilo. E infatti quatta quatta, mi metto per l’ennesima volta a leggere compulsivamente gli avvisi e gli annunci sulla bacheca di fianco all’ufficio de Lu Maestru. “Tizio ha vinto questo”, “Tizialtro è convocato per quello”… e poi qualcosa di nuovo. Formato A3, illustrazioni accattivanti e la frase. Quella frase così potente che ha fatto esplodere dentro di me un’emozione da tempo assopita in attesa di tornare a galla, di emergere. “Ci vuole tutta una città per crescere un bambino”. Boom!

Non mi sembrava possibile ma dopo anni che mi ripetevo che sarebbe stato bello prendere informazioni per diventare famiglia affidataria, e dopo anni che rimandavo perché non sapevo bene da che parte cominciare e poi c’era il lavoro e poi c’era la bimba e poi c’erano sempre impegni impegnativi… le informazioni stavano venendo a cercarmi.

Inutile dire che non ho pensato ad altro. Ho aperto internet la sera stessa, ho vomitato tutto con voce stridula ed emozione prevaricante addosso a mio marito e la mattina dopo ho scritto la prima mail. Oggetto: Richiesta di informazioni.

Da lì, come dopo aver imboccato la strada che sai essere quella giusta, le azioni si sono susseguite rapide ed efficaci. E dopo un percorso che ci ha scavato dentro più di un tarlo in una solida trave di castagno, siamo diventati una famiglia affidataria. Famiglia a fisarmonica patentata. E ci siamo messi ad aspettare.

una famiglia a fisarmonica

Fin da piccola ho amato i bambini, tanto che avrei voluto, da grande, avere tanti tanti figli, tutti maschi, che le femmine sono noiose. Dagli ideali alla realtà: appena sono rimasta incinta ho pensato: “Speriamo che sia femmina!”. Gli ormoni? Non lo so.

Sono tante cose diverse. Molteplici aspetti e manifestazioni del mio io.

Ma sopra a tutto sono la mamma orgogliosa di una fantastica giovane donna che mi sostiene nelle mie scelte stravaganti, sempre piuttosto complesse e impegnative. Sono anche la moglie di un compagno di vita di cui mi sono innamorata in un battito di ciglia e per cui ho lasciato il mare, la mia città, i miei amici e le mie mille vite precedenti senza nessun rimpianto. E’ così che è nata la nostra famiglia a fisarmonica.

Sì perché la nostra famiglia si allarga e si contrae emettendo melodiosi suoni. Siamo una famiglia accogliente da sempre ma ci siamo aperti all’affido familiare solo 8 anni fa e da allora non so quante volte avrò detto, tra me e me: “Machimelhafattofare”.